I calabroni
I calabroni appartengono all’ordine degli Imenotteri, al raggruppamento aculeati e rientrano nel genere Vespa. Il loro nome scientifico è Vespa Crabro.
Alla casta fertile competono invece le mansioni riproduttive: la riproduzione è compito dei maschi e delle femmine fertili, le cosiddette “regine”.
All’inizio della primavera la femmina fertile fonda una nuova colonia, costruendo un nido iniziale, deponendo le prime uova e allevando le prime operaie che diventate adulte collaboreranno con al regina, lasciando a lei il solo compito di deporre uova, mentre esse provvederanno all’ampliamento del nido. All’inizio dell’autunno le ultime uova presenti nel nido vengono fecondate dai maschi: la regina ed i maschi muoiono mentre le femmine nate dalla fecondazione sciamano e cercano riparo per il letargo invernale per poi dare inizio ad una nuova colonia nella primavera successiva.
Il calabrone è una grossa vespa spesso confusa con i tafani. La lunghezza delle operaie è di circa 20-25 mm, quella della regina e dei maschi è di qualche millimetro più grande.
Il torace è di colore bruno-rossastro mentre addome e testa sono di un intenso colore giallo.
I nidi dei calabroni sono costituiti da una sostanza simile al cartone, di colore nocciola, che viene prodotta prelevando fibre legnose da cortecce, rami e tronchi d’albero, masticandole ed impastandole con secrezioni proprie fino a formare una poltiglia che rapidamente solidifica all’aria.
A completo sviluppo un nido di calabroni raggiunge un diametro di 25-30 cm, ed è costituito da più favi sovrapposti, collegati tra loro da peduncoli; ciascun favo è composto da molte cellette con l’apertura rivolta verso il basso. Il nido è protetto da un involucro globoso aperto in basso; si trova sempre in un sito assai riparato: cavità di vecchi alberi, intercapedini di muri, soffitte, comignoli, pozzi, ecc.
Puntura del calabrone
Essere punti da un calabrone è un’esperienza spiacevole e dolorosa. Il pungiglione è associato a ghiandole che producono la miscela velenosa da iniettare, i cui effetti tossici possono risultare temibili, in quanto la quantità di veleno inoculata è nettamente maggiore a quella di una vespa. Ovviamente, l’essere punti contemporaneamente da più calabroni può comportare effetti tossici pericolosi.
Il rischio sanitario da punture non è però legato solo alla tossicità delle componenti del veleno, ma anche all’allergenicità di alcune di esse, cioè alla capacità che tali sostanze, strutturalmente estranee all’organismo umano, hanno di sensibilizzare, e con opportuno tempo di latenza, il sistema immunitario, particolarmente in soggetti geneticamente predisposti.
L’evento più sfavorevole è lo shock anafilattico che in un tempo variabile da pochi minuti ad un’ora circa può essere anche mortale, in assenza di immediati provvedimenti terapeutici.
I calabroni sono carnivori e si cibano di insetti più piccoli ma sono attratti anche dalla frutta e dalle sostanze zuccherine semiliquide o liquide.
Possono provocare la contaminazione dei prodotti qualora vi affoghino ma possono anche veicolare microorganismi patogeni sugli alimenti su cui si posino (ad es. Escherichia, Salmonella).
Come affrontare le emergenze
Possiamo distinguere tra singoli individui introdottisi negli interni oppure presenza di un nido in una qualche struttura dell’edificio o in sua prossimità.
Nel primo caso è opportuno favorire la loro uscita aprendo al massimo le finestre e riponendo al chiuso gli alimenti che possono averli attratti. Importante anche la prevenzione: utilizzare zanzariere, tenere gli ambienti puliti, rimuovere sollecitamente (sia all’interno che all’esterno) scarti di lavorazione e rifiuti.
Nel caso dei nidi occorre provvedere alla loro distruzione. Questa operazione è opportuno che venga svolta da esperti, necessariamente forniti di tutte le protezioni del caso, e in ore notturne, quando tutta la colonia si trova nel nido.